Pasquinelli (Irs) analizza il nuovo accordo. Il vero problema rimane la fatica delle famiglie a sentirsi datrici di lavoro. La badante è considerata un’estensione della famiglia, posizione pericolosa perché porta a un rapporto di tipo servile
MILANO – L’accordo tra le parti è appena stato raggiunto, la firma alla presenza del ministro Damiano sarà messa nero su bianco solo il prossimo martedì 13, ma qualcuno guarda più in là, e immagina già quali sarà il contenuto del prossimo contratto nazionale che regolerà i rapporti di lavoro tra famiglie, collaboratori domestici e chi presta assistenza alla persona.
“Nel documento ci sono come sempre luci e ombre – dice Sergio Pasquinelli dell’Irs (Istituto di Ricerche sociali; ndr) di Milano – La possibilità del lavoro ripartito, o job sharing, è positiva, ma il problema grosso riguarda il versamento dei contributi previdenziali, che è rimasto invariato. Certo, non è oggetto di contratto, ma la questione doveva entrare almeno in agenda”.
A creare perplessità non solo i contributi dell’Inps, ma anche la mancanza di incentivi alle famiglie che si servono di collaboratrici familiari per assistere malati non autosufficienti. Secondo i dati forniti da un’indagine condotta dall’Irs in collaborazione con Caritas ambrosiana e Cgil Lombradia, e pubblicata a fine gennaio, “Qualificare il lavoro privato di cura”, sono oltre 600mila le famiglie in Italia che si avvalgono dell’aiuto di una cosiddetta “badante” (130mila nella sola Lombardia; ndr). “Neppure una volta si è parlato di deduzione fiscale – commenta il ricercatore – E mi pare che non ci sia stato un passo in avanti del ministro per alleggerire il peso economico che grava sulle loro spalle”.
Il 2 marzo a Milano si terrà un convegno, promosso dal progetto Equal lombardo “Qualificare il lavoro privato di cura”, a cui è stata invitata anche Maria Chiara Acciarini, sottosegretaria alle Politiche per la Famiglia, oltre che rappresentanti degli enti pubblici di Regione, Provincia e hinterland di Milano. Un momento di confronto per valutare le politiche più idonee a sostegno delle famiglie, ma soprattutto un modo per favorire l’emersione del lavoro nero, a livello locale e nazionale. “Non credo che il nuovo contratto porterà grossi incentivi alle famiglie per l’emersione -precisa Sergio Pasquinelli dell’Irs, tra gli organizzatori del convegno – ma certo la distinzione delle figure professionali permetterà rapporti più trasparenti e mirati rispetto alle esigenze del lavoro. In particolare, per la prima volta, viene riconosciuto lo status di coresidente (lavoratore convivente a 30 ore alla settimana, ndr), ma è ancora da capire quanto questo favorirà l’emersione dal lavoro nero: non sarà un passaggio automatico”.
Il vero problema, forse, rimane la fatica delle famiglie: in poche si sentono a loro agio nel ruolo di datore di lavoro: “È un ostacolo culturale – conclude Sergio Pasquinelli – L’assistente familiare è considerata un’estensione della famiglia più che dipendente, una posizione pericolosa perché porta a rapporto di tipo serv
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