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Il successo ovvero il fallimento del concordato preventivo biennale dipendono da un sottile equilibrio tra due elementi: da un lato, la misura del reddito proposto per l’adesione; dall’altro, le possibilità di uscita dal regime in caso di eventi imprevedibili che incidono sulla capacità di raggiungere il reddito concordato per gli anni oggetto del regime. Il D.Lgs. n. 13/2024 circoscrive l’uscita dal concordato a “circostanze eccezionali” (da individuare con decreto MEF) e solo nell’ipotesi in cui queste determinino una riduzione del reddito più alta del 50% rispetto al reddito concordato. Ma se non si hanno garanzie di uscita dal regime in presenza di fatti economicamente rilevanti che incidono sulla capacità di produrre reddito, al di là dell’evento eccezionale, la decisione di entrare nel regime sarà per molti complicata. Di questo (e di molto altro) si parlerà nel corso del XIII Forum One FISCALE, in programma a Milano il 20 marzo 2024.

Il CPB in sintesi

Si tratta di un regime che si rende applicabile ai circa 2,4 milioni di contribuenti soggetti agli ISA (Indicatori Sintetici di Affidabilità) e ai circa 1,9 milioni di contribuenti che, per nell’anno 2023, si trovano nel regime forfetario.

Senza entrare nei dettagli applicativi, il regime prevede l’invio da parte dell’amministrazione finanziaria di una proposta di reddito per l’anno 2024 e 2025 (per i soggetti ISA) e, in via sperimentale, per il solo anno 2024, per i soggetti cui si rende applicabile il regime forfetario.

Qualora il contribuente accetti la proposta, per gli anni oggetto dell’adesione sarà soggetto a tassazione ai fini delle imposte sui redditi o dell’IRAP con riferimento al solo reddito o al valore della produzione concordato. L’adesione al concordato non esime il contribuente di tenere la contabilità e presentare la dichiarazione annuale secondo le regole stabilite con riferimento al regime contabile adottato, tuttavia, l’eventuale maggiore reddito che emergerà dalla contabilità e dalla dichiarazione rispetto a quello concordato non sarà soggetto a imposizione. Nella ipotesi contraria, ossia qualora il reddito emergente dalla contabilità fosse inferiore a quello concordato, il contribuente, salvo cause particolari, il contribuente sarebbe tassato sempre sulla base del reddito concordato.

Per i periodi di imposta oggetto del concordato, non possono essere effettuati accertamenti induttivi basati su presunzioni (art. 34, comma 1), salvo il fatto che, in caso di accertamento, nei periodi di imposta oggetto del concordato o in quello precedente, risultasse l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza o l’indeducibilità di passività dichiarate, per un importo superiore al 30% dei ricavi, ovvero risultano commesse altre violazioni di non lieve entità (art. 22, D.Lgs. n. 13/2024).

Per coloro che non aderiscono al concordato, è prevista una intensificazione dell’attività di verifica e controllo (art. 34, comma 2, del decreto).

Questo è lo schema che identifica il patto indicato in premessa.

Il successo del CPB: questione di equilibrio

È evidente che il successo o il fallimento del regime dipende dalla numerosità dei soggetti che aderiscono al regime. Considerando che i soggetti che potenzialmente possono accedere al regime sono circa 4,3 milioni, un’adesione insignificante in termini di numerosità determinerebbe due conseguenze molto importanti:

– in primo luogo, non si raggiungerebbero le maggiori entrate connesse alla misura, destinate all’attuazione della riforma fiscale (art. 40, D.Lgs. n. 13/2024);

– inoltre, la numerosità dei soggetti che non hanno aderito al concordato sarebbe così alta da rendere, nei fatti, impossibile attuare la prevista intensificazione dei controlli da parte dell’amministrazione finanziaria.

Si ritiene che il successo ovvero il fallimento della misura, nei termini appena indicati, dipenda da un sottile equilibrio dei seguenti aspetti:

1. la misura del reddito proposto per aderire al concordato;

2. le possibilità di uscita dal regime in caso di eventi imprevedibili che incidono sulla capacità di raggiungere il reddito concordato per gli anni oggetto del regime.

La misura del reddito proposto

È evidente che la misura del reddito che verrà proposto rispetto a quello normalmente dichiarato dal contribuente, per quanto riguarda i soggetti per cui si rendono applicabili gli ISA, sarà più o meno elevata secondo il grado di affidabilità (punteggio ISA da 1 a 10), che il contribuente stesso presenta in ragione dei dati comunicati nel quadro ISA della dichiarazione relativa al 2023 da inserire nel software che sarà rilasciato, per il primo anno, nel mese di giugno del 2024.

Per quanto riguarda i soggetti in regime forfetario, al contrario, il reddito concordato dipenderà dai soli dati che verranno comunicati nel software che verrà rilasciato dall’Agenzia delle Entrate. Dati che, sicuramente, non potranno essere diversi da quelli che quanti applicano il regime forfettario devono già indicare nella dichiarazione annuale nel quadro RS.

Già qui si crea un primo problema di trade-off tra equità ed efficacia del concordato.

Ponendo come termine di raffronto la necessità di riportare tutti i contribuenti che aderiscono al concordato a un punteggio ISA pari a 10, per quanti evidenziano un punteggio ISA basso o molto basso, il reddito concordato potrebbe essere molto alto rispetto alla misura del reddito normalmente dichiarato.

Questo determinerebbe una scarsa adesione per un numero consistente di soggetti. I dati ISA pubblicati dal Dipartimento delle Finanze indicano che i soggetti che hanno un punteggio ISA inferiore a 8 sono circa 1,3 milioni, pari al il 55% del totale dei soggetti ISA.

D’altro canto, una misura di reddito concordato più basso rispetto a quello sufficiente per riportare il punteggio ISA al valore 10, determinerebbe una maggiore adesione al concordato, ma, allo stesso tempo, determinerebbe, un vulnus all’equità perché lascerebbe detassato il reddito più elevato che emergerebbe dalla contabilità, considerando la volontà di raggiungere la fedeltà fiscale.

Il medesimo problema si avrà con riferimento ai contribuenti in regime forfetario sebbene in questo caso, non si avrà nessuna evidenza del punteggio di fedeltà fiscale di partenza, il tutto dipenderà dagli algoritmi che verranno decisi per elaborare la proposta nel software che verrà rilasciato dall’Agenzia delle Entrate.

È evidente che le scelte che verranno adottate per elaborare la proposta saranno determinanti in un verso o nell’altro.

Le possibilità di uscita dal regime

Per quanto concerne il secondo aspetto, nella disciplina del concordato si trova, in particolare, una incoerenza che può far propendere fortemente l’imprenditore a non aderire al regime di concordato.

In primo luogo, è previsto che l’uscita dal regime è circoscritta alle solecircostanze eccezionali” che saranno individuate tramite decreto del Ministero dell’Economia e solo nelle ipotesi in cui l’evento eccezionale determini una riduzione del reddito d’impresa o di lavoro autonomo più alta del 50% rispetto al reddito concordato.

Per un imprenditore ovvero per un lavoratore autonomo, il rischio d’impresa è sempre dietro l’angolo e se non si hanno garanzie di uscita dal regime in presenza di un fatto economicamente rilevante che incide sulla capacità di produrre reddito, al di là dell’evento eccezionale, la decisione di entrare nel regime sarebbe molto complicata. Poi se a questo si aggiunge che la variazione deve essere di ammontare superiore alla metà del reddito concordato, l’adesione diventa ancora più difficile.

Per i contribuenti soggetti agli ISA, esistono fattispecie via via indicate dalla prassi che identificano, per ogni attività, la situazione di “non normale svolgimento dell’attività” che, oltre ad impedire l’applicazione degli ISA, impedisce anche di accedere al concordato (art. 10, comma 1, D.Lgs. n. 13/2024 insieme all’art. 9-bis, comma 6, D.L. n. 50/2017). Coerenza vorrebbe che queste cause, oltre a non consentire di accedere al concordato, possano determinare l’uscita dal regime stesso.

In effetti, si tratta di circostanze individuate dalla prassi dell’Agenzia delle Entrate che dimostrano una modificazione dello svolgimento dell’attività, capace di incidere sulla realizzazione del reddito o del valore della produzione dell’impresa, in modo tale da rendere la stessa non più confrontabile con le altre imprese appartenenti al medesimo MOB (modello di business), in cui gli ISA calano il soggetto per stimarne i ricavi e, conseguentemente il reddito.

In altre parole, sono circostanze che identificano il fatto che i parametri in base ai quali è stata formulata la proposta di concordato non sono più attuali.

Oltre quanto indicato nelle righe che precedono, c’è da dire che l’ulteriore vincolo che la variazione del reddito debba essere più alta del 50% del reddito concordato appare eccessivo. Sicuramente, considerato che si parla di stime di efficacia di parametri, è ammissibile l’individuazione di un margine di tolleranza, ma, altrettanto sicuramente, affinché il soggetto sia maggiormente spinto ad accedere al concordato, la percentuale del 50% appare eccessiva.

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