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Può capitare che l’attività condotta dal conduttore nell’immobile locato subisca un periodo di crisi economica tale da rendersi difficoltoso l’adempimento dell’obbligazione di pagamento dei canoni locatizi.

In questi ultimi anni, a causa dell’emergenza sanitaria da Covid-19, diverse attività imprenditoriali sono state costrette a chiudere o subire un fermo forzato con inevitabili conseguenze in termini economici.

Non solo durante il periodo di lockdown, ma anche successivamente, allorquando si è assistito in Italia ad un nuovo aggravarsi delle crisi pandemica, diversi settori imprenditoriali hanno subito un vero e proprio azzeramento degli incassi, in particolare le attività turistico- ricettive, per l’assenza di turisti provenienti da paesi stranieri o anche da altre regioni italiane.

È vero che i numerosi D.P.C.M. emanati dal mese di marzo 2020 hanno previsto alcune agevolazioni, ma è pur vero che le attività di tipo non imprenditoriale, non dotate di partita iva non ne hanno potuto beneficiare con la conseguenza che molti immobili condotti in locazione per l’esercizio di tali attività sono stati rilasciati per impossibilità di pagare il relativo canone.

La giurisprudenza si è occupata in diverse occasioni della sospensione o autoriduzione dei canoni di locazione da parte del conduttore nel periodo pandemico, escludendo tale possibilità in quanto non prevista dalla normativa emergenziale, fatta eccezione per quelle attività di cui il legislatore si è occupato esplicitamente.

È stato, infatti, chiarito che nei rapporti locativi “in periodo di epidemia” l’impossibilità sopravvenuta della prestazione non è quella (pecuniaria) del conduttore che, traducendosi nella prestazione di una somma di denaro, per definizione non diventa mai impossibile (Cass. n. 2555/1968 genus numquam perit).

Con una recente sentenza n. 8675/2022 il Tribunale di Roma è tornato sull’argomento ribadendo il proprio orientamento.

Locazione e sfratto per morosità di immobile utilizzato per attività di affittacamere e b&b: la vicenda

Un immobile uso abitazione veniva concesso dalla proprietaria in locazione con facoltà per il conduttore di utilizzare l’immobile per svolgere attività di affittacamere e bed & breakfast.

A partire da marzo 2020 il conduttore non pagava più quanto previsto per i canoni sicché essendo necessario per la locatrice rientrare nel possesso dell’immobile ed essendo stati vani i tentativi di bonario componimento, la stessa intimava lo sfratto per morosità e contestuale convalida al conduttore, chiedendo all’adito Giudice di voler: dichiarare la risoluzione del contratto per inadempimento del conduttore; convalidare quindi lo sfratto per morosità; emettere decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo, a carico del conduttore e della garante in solido ed in favore dell’istante per i canoni ed oneri accessori scaduti.

I convenuti si costituivano in giudizio contestando in toto quanto dedotto dalla parte attrice e chiedendo in via principale il rigetto delle domande attoree, rappresentando l’incolpevole mancato pagamento dei canoni dovuto al calo di flusso dei turisti causato dall’emergenza sanitaria da Covid-19 che aveva azzerato le prenotazioni del B&B ed in via subordinata, la riduzione della somma richiesta per canoni arretrati.

Nelle more del giudizio l’immobile veniva rilasciato dal conduttore e alla successiva udienza il Giudice disponeva il mutamento del rito, fissando per la prosecuzione del giudizio nelle forme del rito locatizio.

Istruita esaurientemente la causa, il Giudice la decideva dichiarando risolto per inadempimento del conduttore il contratto di locazione tra le parti con condanna del conduttore e del fideiussore per la garanzia prestata in contratto, al pagamento in favore di parte locatrice dei canoni intimati scaduti e non pagati, oltre interessi e spese legali.

Vediamo i motivi della decisione.

Mancato pagamento canoni di locazione: l’impossibilità di esercitare nei locali l’attività commerciale causa Covid-19 non costituisce impossibilità sopravvenuta

Con la pronuncia in esame, il Tribunale di Roma ha confermato il proprio orientamento in materia, secondo il quale va escluso che possa ricavarsi dalla normativa emergenziale una qualche disposizione che autorizzi il conduttore alla sospensione o autoriduzione dei canoni di locazione per le attività commerciali, fatta eccezione per quelle attività di cui il legislatore si è occupato esplicitamente.

Il Tribunale di Roma ha, infatti, in diverse pronunce ribadito il principio secondo cui è da escludere che la grave situazione epidemiologica da Covid-19 configuri un caso di impossibilità sopravvenuta con riferimento all’obbligazione di pagamento dei canoni nonché all’impossibilità per la conduttrice di utilizzare, in tutto o in parte, la prestazione della locatrice avendo questi messo a completa disposizione del conduttore, senza porre alcun limite, il bene locato.

Covid, morosità locazione commerciale e risoluzione

Per i Giudici romani, quindi – all’orientamento dei quali si è pure uniformato il Giudice che si è occupato del caso in esame – non è l’immobile che diventa inidoneo all’uso, a causa dell’emergenza sanitaria, o la prestazione pecuniaria del conduttore (la prestazione di una somma di denaro per definizione non diventa mai impossibile) bensì a divenire impossibile, a causa delle restrizioni da emergenza sanitaria, è l’attività economica esercitata nell’immobile condotto in locazione, ma tale eventualità è strettamente legata al rischio che comporta l’esercizio di ogni attività imprenditoriale.

Si è, altresì, chiarito che la causa della locazione commerciale non si estende mai alla garanzia della produttività dell’attività imprenditoriale che il conduttore si accinge a svolgere nei locali concessi, salvo specifica pattuizione, con la conseguenza che in caso di mancato pagamento dei canoni per difficoltà economiche dell’impresa, non può configurarsi l’ipotesi dell’impossibilità sopravvenuta di cui agli art. 1463 e ss. c.c.

Mancato pagamento canoni di locazione: l’impossibilità di esercitare nei locali l’attività commerciale causa Covid-19 non legittima l’autoriduzione del canone

Il Tribunale con la pronuncia in esame ha, altresì, ricordato che il legislatore emergenziale ha previsto la possibilità e o l’obbligo di rinegoziazione del canone solo in alcuni casi adottando dei meccanismi compensatori idonei a ripristinare l’equilibrio sinallagmatico o a ridurre lo squilibrio.

Ne deriva che non è ammessa la possibilità di operare ulteriori interventi di autoriduzione del canone di locazione (cfr. anche Tribunale di Roma, sez.VI, sentenza n. 5224 del 25.3.21 e n. 8005 del 17 marzo 2021).

Non solo, ma la richiesta di riduzione del canone da parte del conduttore non può fondarsi sull’art. 1467 c.c. per eccessiva onerosità sopravvenuta posto che a mente della predetta disposizione, solo la parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto.

Pertanto, l’offerta predetta non può provenire dalla parte che deduce di subire l’eccessiva onerosità sopravvenuta bensì dal convenuto, legittimato passivo nella azione di risoluzione il quale pur di conservare il contratto offre la riduzione del canone ad equità.

Mancato pagamento canoni di locazione: la gravità dell’inadempimento è predeterminata dalla legge

In materia di locazioni ad uso abitativo, la norma contenuta nell’art. 5 della legge n. 392 del 27.07.1978, rubricata “inadempimento del conduttore”, dettando una presunzione assoluta di gravità dell’inadempimento, ha inteso sottrarre alla discrezionalità del giudice l’apprezzamento della non scarsa importanza dell’inadempimento, stabilendone la gravità sulla base di due presupposti:

  • uno di tipo quantitativo, consistente nel mancato pagamento di una rata del canone o di oneri accessori per un importo superiore a due mensilità di canone;
  • uno di ordine temporale, dato dal protrarsi dell’inadempimento per oltre venti giorni dalla scadenza del termine convenuto o di due mesi in caso di oneri accessori.

In questo senso si è espressa con giurisprudenza costante e conforme la Suprema Corte secondo cui “in tema di locazione di immobili ad uso abitativo, con riferimento all’inadempimento del conduttore al pagamento del canone, l’art. 5 della legge n. 392 del 27.07.1978, il quale stabilisce che il mancato pagamento del canone della locazione, decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell’art. 1455 c.c., fissa un criterio di predeterminazione legale della gravità dell’inadempimento e ciò anche quando si tratti di morosità relativa agli oneri accessori” (Cass. Civ. n. 8628/2006).

La norma in parola si configura come speciale rispetto a quella posta dall’art. 1455 c.c. in quanto permette al conduttore di adempiere tardivamente senza il rischio di incorrere nella sentenza di risoluzione del contratto.

Tuttavia opera il principio generale previsto dal terzo comma dell’art. 1453 c.c., il quale esclude che il debitore possa adempiere la propria obbligazione successivamente all’introduzione della domanda di risoluzione contrattuale.

Unica deroga a tale principio è costituita dalla particolare disposizione dell’art. 55 della legge 392/78, l’invocazione del quale consente al conduttore di impedire unilateralmente ed a contraddittorio instaurato, la pronuncia di risoluzione a mezzo dell’ordinanza di convalida, mediante l’adempimento dell’obbligazione di pagamento del corrispettivo dovuto unitamente agli interessi ed alle spese, nella forma della richiesta e successiva osservanza del cosiddetto “termine di grazia”.

Tuttavia nel caso specifico, l’invocazione dell’art. 55 legge 392/78 non è avvenuta, ma al contrario parte intimata ha deciso di formalizzare l’opposizione e proseguire nel giudizio di merito. In ossequio alla interpretazione della giurisprudenza di legittimità ormai consolidata, la scelta di una delle due soluzioni giuridiche esclude l’altra, in quanto sussiste incompatibilità logica tra opposizione alla convalida e richiesta di sanatoria ex art. 55 l. n. 392 del 1978 (cd. termine di grazia).

Nel caso di specie, pertanto, il Tribunale ha accolto la domanda di parte attrice di risoluzione del contratto di locazione in considerazione del fatto che la parte conduttrice ha continuato a godere dell’immobile mantenendolo nella propria piena disponibilità ed astenendosi dal pagamento del corrispettivo tanto da indurre parte attrice a domandarne il rilascio in corso di causa.

 

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