La presentazione della istanza di condono non
autorizza l’interessato a completare, né tantomeno a trasformare o
ampliare, i manufatti che ne formano oggetto, i quali, fino al
momento dell’eventuale concessione della sanatoria, restano
comunque abusivi al pari degli ulteriori interventi realizzati
sugli stessi.
Istanza di condono non autorizza nuovi interventi abusivi
A ribadire il concetto è il TAR Sicilia con la
sentenza n.
1243 del 12 aprile 2024, che ha rigettato il ricorso
proposto per l’annullamento dell’ordinanza di demolizione in
relazione ad opere di ampliamento e di realizzazione di un muro di
contenimento, in un immobile già abusivo, sul
quale era stata presentata istanza condono, ancora in fase di
valutazione.
Le opere in questione hanno riguardato in particolare
l’ampliamento dell’immobile preesistente (già oggetto di
richiesta di Primo Condono Edilizio, ai sensi della Legge
n. 47/1985, ancora in valutazione) con la realizzazione di due
nuovi vani cucina, uno al pian terreno e l’altro al primo piano,
entrambi delle dimensioni di 1,80 x 8,00 m circa, e la
realizzazione di un muro in contenimento in cemento armato.
I due vani non sono stati realizzati mediante la semplice
chiusura di spazi interni con opere precarie, come sostenuto dal
ricorrente; sono bensì configurabili come vere e proprie opere di
ampliamento dell’edificio preesistente, e pertanto
per realizzarle era obbligatorio richiedere il permesso di
costruire, così come anche per costruire il muro.
Di conseguenza, si spiega, trattandosi di nuove opere
realizzate in totale assenza del titolo obbligatorio, non
si può applicare la misura eccezionale di cui all’art. 33
del d.P.R. n. 380/2001 esclusivamente alle opere, per le
quali si dimostri che la demolizione arrecherebbe più danni che
benefici, consistenti in:
- interventi di ristrutturazione edilizia
“pesante” – ai sensi del TUE, art. 10 (“Interventi
subordinati a permesso di costruire”) comma 1, lettera c)
– realizzati senza permesso o in totale difformità
dallo stesso; - interventi di nuova costruzione realizzati in parziale
difformità dal permesso di costruire.
Considerato che nel caso in esame sono state realizzate nuove
opere ed eseguito l’ampliamento dell’edificio preesistente, è
corretto l’operato dell’Amministrazione che ha applicato le
sanzioni di cui al TUE all’art. 31 (Interventi eseguiti in
assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con
variazioni essenziali) sia per il muro di contenimento che
per i nuovi vani costruiti.
No alla fiscalizzazione per nuove opere eseguite senza
permesso
Il TAR ha anche precisato che la fiscalizzazione dell’abuso
è una misura eccezionale che ammette – per i casi nei quali
il ripristino dei luoghi non fosse
possibile oppure arrecasse danno alla parte
dell’immobile eseguita in conformità – la possibilità
di sostituire la sanzione demolitoria con la sanzione
pecuniaria.
Si tratta di una concessione derogatoria per la quale il
soggetto responsabile è tenuto a fornire prove e valide
dimostrazioni, in quanto il Comune non è tenuto in
alcun modo a verificare l’applicabilità della
fiscalizzazione a favore dell’abuso commesso prima di emettere
l’ordine di demolizione.In ogni caso, comunque, la misura è
dedicata esclusivamente agli interventi di ristrutturazione
edilizia “pesante” eseguiti senza titolo o in difformità dallo
stesso, e alle nuove costruzioni realizzate in
parziale difformità dal permesso di costruire.
Ingiunzione di demolizione: cosa succede se non si
provvede?
Qui si prevede che, nel caso in cui il responsabile non
dovesse provvedere alla demolizione entro 90 giorni, il
bene, l’area di sedime e tutta l’area necessaria (fino a 10 volte
la superficie utile complessiva realizzata abusivamente) debba
essere acquisita di diritto gratuitamente al patrimonio del
comune; condizione riscontrabile nell’abuso in questione,
dove peraltro già nel provvedimento di demolizione erano state
specificate chiaramente le conseguenze giuridiche derivanti
dall’inosservanza dell’obbligo entro il termine di legge, con
particolare riguardo alla possibile acquisizione di diritto al
patrimonio, all’irrogazione della sanzione pecuniaria (art.
31, comma 4-bis) e all’esecuzione d’ufficio.
I giudici del TAR confermano in conclusione l’efficacia della
sanzione ripristinatoria e della conseguente acquisizione al
patrimonio comunale, precisando inoltre i seguenti punti
sull’ordine di demolizione:
- è un atto vincolato che non richiede ulteriori
motivazioni oltre a quelle di ripristino
della legalità violata; - è valido anche se disposto a distanza di molto
tempo dalla realizzazione dell’abuso; - non può essere considerato inesistente o invalido a causa di
vizi nella notifica dell’atto – che in questo caso è stato
notificato mediante messo comunale invece che tramite ufficiale
giudiziario – in quanto ogni eventuale vizio della notifica
viene sanato dal raggiungimento dello scopo dell’atto, che
è quello di portare il provvedimento a conoscenza del
destinatario.
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