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Una notizia inaspettata riporta le lancette dell’orologio a prima dello scoppio della pandemia, almeno sul fronte della carenza di medici. In Sardegna torna lo spettro dei “medici in affitto” nei Pronto Soccorso, una pratica che, per la cronica carenza di personale, si stava diffondendo in alcune aziende sanitarie italiane già prima dell’emergenza Covid-19 e che ora, dopo la grande chiamata alle armi per fronteggiare la pandemia, torna alla ribalta nell’isola sarda.

Al centro dei riflettori l’apertura del Punto di Primo Intervento presso l’ospedale Delogu di Ghilarza (Oristano), attuato proprio con i cosiddetti ‘medici in affitto’, assunti tramite una gara d’appalto bandita dall’Ats Sardegna per un compenso annuo che, per l’agenzia interinale, sfiora complessivamente gli 800 mila euro.

Medici in affitto, la reazione degli OMCeO sardi

La notizia ha provocato la reazione dei quattro presidenti degli Ordini dei medici sardi (Giuseppe Chessa di Cagliari, Nicola Addis di Sassari, Antonio Sulis di Oristano e Maria Giobbe di Nuoro) che hanno bocciato il ricorso ai ‘medici in affitto’, utilizzati da società private esterne, nella gestione diretta dei posti di Pronto soccorso e di primo intervento di alcuni ospedali pubblici sardi. Secondo gli Ordini, «affidare ai privati la gestione di un servizio così importante e cruciale è inopportuno, sia per i costi esorbitanti che comporta, sia perché non si forma e si assume personale legato al territorio e motivato a lavorarci a lungo».

Preoccupati, i presidenti hanno scritto una lettera all’assessore regionale alla sanità Mario Nieddu e al commissario dell’Ats Massimo Temussi chiedendo se tale iniziativa costituisca un primo tassello per affrontare il problema della carenza negli organici nei Pronto soccorso degli ospedali sardi.

«È una situazione anomala rispetto al normale processo, soprattutto nel settore pubblico. Non ha senso che il pubblico possa esternalizzare», sottolinea a Sanità Informazione Nicola Addis, Presidente dell’OMCeO di Sassari, che abbiamo intercettato mentre operava, da volontario, all’hub vaccinale di Ozieri.

«Ci deve essere sempre una netta divisione tra pubblico e privato – spiega Addis -. Come OMCeO abbiamo chiesto un incontro con l’assessore e l’Ats proprio per manifestare questa nostra perplessità. Esternalizzare un servizio, non prevedendo nemmeno l’assunzione di specialisti ma di colleghi che inevitabilmente non potranno occuparsi di alcuni codici potrà, peraltro, offrire un aiuto molto limitato».

Fabbisogno e programmazione

Anche in questo caso, però, il problema arriva da lontano. E cioè dalla programmazione delle specializzazioni che spesso non tiene conto delle reali esigenze. Secondo un dossier del 2019 dell’Anaao Assomed, per la Sardegna è previsto al 2025 un ammanco di 1154 medici con carenze importanti in anestesia e rianimazione, chirurgia generale, medicina d’urgenza, medicina interna e pediatria. Numeri che potrebbero essere leggermente migliori con l’aumento delle borse di studio erogate negli ultimi anni, ma gli effetti di questo aumento comunque sono ancora lontani dal manifestarsi.

«In questo momento – sostengono i presidenti dei quattro Ordini dei medici sardi – la scelta più fattibile e realistica sarebbe quella di attivare un nuovo corso di formazione per medici aspiranti all’attività di medicina d’emergenza-urgenza (118), per i quali il contratto collettivo nazionale prevede la possibilità di un utilizzo all’interno dei Pronto Soccorso anche per trattare i codici gialli e rossi».

«C’è stata una programmazione carente – ricorda Addis -. Tanto è vero che la specialità di medicina d’urgenza ha pochi anni di vita, c’è dal 2008. La necessità di queste figure negli ultimi anni è aumentata e in Sardegna si è fatta sentire più che in altri posti. I posti nelle scuole di specializzazioni sono pochi rispetto alle necessità. Sono intervenuto diverse volte per chiedere che venissero aumentati i posti. Io spero che l’assessore ci ascolti: ora, dopo il Covid, quasi tutti i laureati disponibili sono occupati. Ma non sono strutturati, molti non hanno specialità. E non potrebbero ambire ai posti a concorso. La medicina di urgenza è solo la punta dell’iceberg».

Quici (Cimo): «No a medici di serie A e di serie B»

L’esternalizzazione dei medici non è vista di buon occhio nemmeno dai sindacati. «Molti concorsi vedono subito esaurite le graduatorie, perché c’è una grande fame di medici: se una regione ha fatto numerosi concorsi la graduatoria viene utilizzata a piene mani in tutte le province e si esaurisce rapidamente. Su questo molti ci speculano, come le cooperative per il lavoro interinale» spiega il Presidente del sindacato Cimo-Fesmed Guido Quici a Sanità Informazione.

Le ragioni della contrarietà ai medici in affitto sono molteplici: «Non ci sono garanzie. In primis perché non c’è nessuna forma di stabilizzazione, spesso sono solo sentinelle che vigilano il posto letto e basta. Finiscono il turno e se ne tornano a casa. Non è colpa loro, ma del sistema, perché occorrerebbe una certa continuità. Poi sono sottopagati, perché ci deve essere il guadagno di chi gestisce queste strutture intermedie».

«Prima del Covid – conclude Quici – tutti si lamentavano della grave carenza di personale ma comunque in condizioni ordinarie si riusciva ad andare avanti. Poi sono stati fatti i concorsi e i bandi per aprire le terapie intensive. Ora che si riapre tutto il resto, dove già c’erano sofferenze, iniziano a ricomparire le altre carenze. Le borse di studio sono aumentate, ma i veri risultati benefici li avremo solo tra quattro anni. Ed ecco che si ricorre alle esternalizzazioni. Ma non possiamo accettare che ci siano medici di serie A e medici di serie B».

Manai (Pd): «Non affidare a privati servizio essenziale per sanità territoriale»

Anche la politica guarda con preoccupazione alle esternalizzazioni nei Pronto soccorso. È il caso del Pd, che contesta la scelta fatta dall’Ats Sardegna. «Condivido fortemente le preoccupazioni esposte nella lettera dai quattro presidenti degli Ordini dei medici sardi. Ormai è nota la problematica che abbiamo in Sardegna nel reperire medici, basti vedere le non poche difficoltà già riscontrate dallo scorso anno per aprire i punti di guardia medica turistica. Quest’anno la situazione è ulteriormente peggiorata, le graduatorie per la CA si sono dimezzate e i medici di base faticano a trovare dei sostituti», ricorda Stefano Manai, responsabile del coordinamento organizzativo delle Consulte sanità regionali del Partito democratico.

«Prendere dei medici in affitto – conclude – è una soluzione tampone e trovo poco condivisibile la scelta di affidare ai privati la gestione di un servizio centrale per la sanità territoriale. Il Pd è sicuramente disponibile al confronto con i quattro presidenti, l’obiettivo deve essere quello di trovare una soluzione che sia lungimirante e che garantisca al Pronto soccorso medici con il giusto bagaglio di competenze per il servizio al quale sono destinati».

 

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